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La sfida di un libro: disabilità ed eros

In certe vite l’incontro con la disabilità sembra inevitabile, predestinato; in altre è un improvviso cambio di percorso che apre opportunità nuove. La disabilità è parte della vita ed è questo il leitmotiv del romanzo di Dorotea Maria Guida.

E’ una condizione imprescindibilmente legata all’uomo dal momento che il termine indica la difficoltà a svolgere i comuni atti della vita. Si può essere disabili temporaneamente o in maniera permanente, dopo un incidente, una malattia oppure dalla nascita. Fisiologicamente nei primi anni di vita, così come negli ultimi, non siamo abili e abbiamo bisogno dell’aiuto degli altri. Eppure, raccontare la disabilità è sempre un rischio, soprattutto in letteratura.

Al di là della consanguineità dei genitori, erano gli anni della talidomide, farmaco sedativo-ipnotico che fu causa di tante malformazioni fetali, alcune incompatibili con la vita.

Caterina Valeria detta Valeri, è un personaggio volitivo che attraversa la vita lottando contro i pregiudizi, spesso all’interno della propria famiglia. S’innamora, soffre, si esalta, si umilia e poco importa che l’oggetto del suo amore abbia una disabilità fisica. E’ un attributo come avere i capelli biondi o gli occhi azzurri. Valeri ama la persona, il carattere, la sua fisicità. Sicuramente questo è l’aspetto coraggioso del romanzo: raccontare il sesso, come parte della vita di ognuno di noi. Desiderio, eccitazione e appagamento sono momenti insiti nella natura umana, a prescindere dalla disabilità.

L’esperienza può essere diretta o traslata, ma il fine ultimo della persona nella sua interezza è la ricerca della felicità ed è un diritto ottenerla.

Dalla Prefazione di Gabriella La Rovere, scrittrice e medico

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